Il Lavoro del Carbonaio: una tradizione che profuma di legna e fumo

La Val Sanagra, con la sua maestosa natura montana, è stata testimone di un’antica tradizione che ha caratterizzato la vita dei suoi abitanti per secoli: la produzione del carbone artificiale. Questi luoghi, in particolare nelle zone più scoscese e boschive della media valle, ospitavano spiazzi dove il carbone veniva prodotto, un tempo molto apprezzato e utilizzato nelle aree limitrofe, specialmente nei centri di lavorazione dei metalli.

Una Professione storica

La professione del carbonaio, testimoniata in tutto il territorio lariano fin dal Medioevo, si svolgeva durante i freddi mesi invernali, quando l’attività agricola si fermava. Era proprio in quel periodo che gli uomini della Val Sanagra si dedicavano a questa pratica antica, sfruttando la stagione ideale per il taglio del bosco, quando la vegetazione era in letargo. Il carbone ricavato dalla legna, infatti, risultava essere particolarmente adatto alla metallurgia, grazie alla sua maggiore resa calorica rispetto al legname e alla leggerezza che lo rendeva perfetto per i forni e i magli, strumenti fondamentali nel processo di lavorazione dei metalli.

Il Processo di Produzione del Carbone

La produzione del carbone era un lavoro che richiedeva esperienza, pazienza e vigilanza costante. Il procedimento, che durava circa cinque giorni, iniziava con la scelta e il taglio della legna, che doveva seguire precise fasi lunari. I carbonari erano soliti tagliare la legna durante la luna calante, poiché si riteneva che questo periodo fosse il più favorevole per garantire un legno resistente e duraturo. L’utilizzo di legname proveniente da alberi come il carpino, il ciliegio, il frassino, l’olmo, il faggio e la betulla era comune.

Una volta tagliata la legna, veniva creata una “iala”, una piazzola di circa cinque metri di diametro, al centro della quale venivano sistemati i rami. Questi venivano accatastati con cura attorno a un palo centrale, formando un cono con un’apertura alla base. La struttura veniva poi ricoperta con sterpaglie verdi, terra, muschio e foglie, creando un rifugio somigliante a una capanna semisferica, detta puiatt.

La Combinazione di Esperienza e Lentezza

Attorno al puiatt veniva costruita una “rostra”, una recinzione di contenimento alta circa 50-60 cm, composta da bastoni conficcati nel terreno e rami intrecciati di ginestre. Il processo di combustione iniziava con l’inserimento di rami incendiati attraverso il buco centrale lasciato dal palo. A mano a mano che il fuoco ardeva, il fumo cambiava colore, passando dal nero iniziale al bianco, fino a diventare quasi trasparente, segno che il carbone era pronto. La combustione durava dai tre ai quattro giorni, durante i quali il carbonaio doveva monitorare costantemente la temperatura e lo stato della combustione.

Il Raccolto e il Trasporto

Una volta che il processo di combustione si era concluso, il puiatt veniva irrigato con grandi quantità d’acqua per fermare il fuoco interno. Il carbone ottenuto doveva poi asciugare prima di essere raccolto e trasportato. Solitamente, veniva sistemato in grossi sacchi di juta e portato in paese a dorso di mulo o a spalla, pronto per essere utilizzato, soprattutto nella lavorazione del ferro.

Testimonianze e Ricordi di una Tradizione

Le testimonianze dei carbonai sono numerose e raccontano con orgoglio e passione la vita di un mestiere che ha segnato profondamente la storia della Val Sanagra. Non solo un lavoro, ma anche un modo di vivere, legato alla montagna, alle sue tradizioni e al rispetto per la natura.

Oggi, il museo della Val Sanagra conserva il ricordo di questa tradizione, permettendo ai visitatori di immergersi nel passato e scoprire come la produzione del carbone fosse un elemento fondamentale della vita montana, da cui dipendevano non solo la metallurgia, ma anche molte altre attività della zona.

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