Il maglio e il forno fusorio

Nel basso Sanagra operava un’officina artigianale gestita dalla famiglia Airoldi, specializzata nella produzione di caldaie e paioli in rame per l’industria casearia. Il lavoro, duro e pericoloso, coinvolgeva operai locali e sfruttava la forza idraulica del maglio e un forno fusorio alimentato a legna o carbone.

L’attività si svolgeva nella zona del basso Sanagra dove era presente un’officina gestita dalla famiglia Airoldi di Lecco. A carattere artigianale, la bottega occupava almeno una decina di operai e produceva caldaie per la lavorazione del latte (culdere), paioli e recipienti in rame utilizzati dall’industria casearia.

Il rame proveniva dal pontile di Menaggio, e veniva trasportato a Grandola sotto forma di rottami con grossi carri trainati da cavalli. Il percorso era duro e complicato: il carrettiere partiva ogni mattina all’alba in direzione Menaggio, dove caricava il carro. Il percorso aveva dei tratti piuttosto ripidi, ed era perciò necessario aggiungere un ulteriore cavallo da traino. Giunto a Cardano, il carico doveva essere scaricato e caricato su un carretto più piccolo, a causa delle dimensioni ridotte della mulattiera che scendeva alla bottega. Il viaggio veniva ripetuto due volte al giorno.

Il lavoro era faticoso: gli operai erano esposti a elevate temperature e al forte rumore, con il forte rischio di subire ustioni anche gravi. Le maestranze provenivano prevalentemente dai paesi vicini e, quando l’officina cessò definitivamente l’attività, gli operai si spostarono in Valsassina dove vi erano ancora alcune manifatture di questo tipo.
Il maglio sfruttava la forza idraulica, come i tanti mulini della zona: la ruota era indispensabile per generale la corrente d’aria necessaria per ventilare il forno. Questi era alimentato con legna raccolta nella zona, o con il carbone prodotto dai numerosi carbonai attivi nella Valle.

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