La flora fossile della Val Gariasca – Alpe di Logone comprende resti di antiche Pteridofite (felci, equiseti, licopodi) e Protospermatofite, come le Cordaites, considerate un passaggio evolutivo verso le piante a seme attuali.
Tra i ritrovamenti più rilevanti figurano i semi fossili di Trigonocarpus Bernardii e le impronte di corteccia del genere Sigillaria, caratterizzate da un aspetto lucente.
Le foreste del Carbonifero, un tempo rigogliose e ricche di piante imponenti, sono oggi rappresentate da fossili di tronchi, radici e foglie, molti dei quali sono esposti nel nostro Museo, che ospita l’unica collezione completa di reperti del Carbonifero in Italia.
La sala conserva anche fossili marini del Triassico, come coralli, bivalvi (incluso il Megalodon, un mollusco dalla conchiglia a forma di cuore) e resti di pesci come il Paralepidotus Ornatus.
Di grande interesse è il fossile del crostaceo Ostenocaris Cypriformis, databile al Giurassico e conservato con parti molli.
Il museo custodisce inoltre ossa dell’Orso delle Caverne, un grande mammifero estinto circa 18.000-20.000 anni fa, rinvenute in grotte della Valsolda, dove questi animali trascorrevano il letargo.
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I fossili di piante simili a felci ed equiseti, risalenti al periodo Carbonifero (circa 310 milioni di anni fa), sono state rinvenute in Val Gariasca – Alpe di Logone, Val Sanagra.
Il patrimonio paleontologico presente in questo settore affiora in prossimità della Linea della Grona ed è compreso tra le formazioni del Basamento Cristallino e la Dolomia Principale.
Sebbene costituiscano affioramenti di limitata estensione, le rocce racchiuse dalla Linea della Grona (denominate “Conglomerati di Manno”) conservano un importante archivio di avvenimenti preistorici del nostro pianeta. I resti vegetali riportano “alla luce” un ambiente di oltre 300 milioni di anni fa: il Carbonifero (Carbonifero medio-Westfaliano). Le rocce carbonifere della Val Sanagra, scoperte tra il 1915 e il 1918 durante la costruzione di una strada militare, furono inizialmente valutate per l’estrazione di antracite da Carlo Giacomo Bianchi, imprenditore di Naggio. Nonostante un parere geologico negativo, Bianchi tentò l’estrazione nel 1942, ma l’impresa fallì dopo due anni.
Tuttavia, questi scavi portarono il perito Luigi Maglia a scoprire un importante giacimento fossilifero risalente al Carbonifero, contenente oltre 2000 pezzi di alta qualità. Questi fossili, rari in Italia, sono tra i più antichi e hanno attirato l’interesse scientifico internazionale grazie a una pubblicazione del 1947 realizzata da Maglia e Sergio Venzo, direttore del Museo di Storia Naturale di Milano.
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